La
motivazione ha a che fare con ciò che ci spinge ad agire: essa si
riferisce infatti alle forze che dirigono e sostengono il comportamento,
rendendolo possibile; è strettamente legata alle emozioni
I.
Le teorie dell’istinto.
la
nozione di istinto è stata spesso utilizzata per esprimere il carattere
naturale della motivazione; è stata applicata dagli studiosi del comportamento
animale di ispirazione etologica per denominare dei pattern (modelli) comportamentali
innati, a carattere automatico ed involontario, innescati da stimoli
specifici (stimoli-segnale); fissi, in q 626j98g uanto non appresi, non modificabili
dall’apprendimento e rigidi " alcuni studiosi hanno
sostenuto che anche nella nostra specie vi sono alcuni tipi di risposta,
ovviamente molto semplici, che sembrano essere innati ed avere le stesse
caratteristiche di immodificabilità del comportamento istintivo, come i
riflessi (es: il riflesso di suzione del neonato), oppure talune espressioni
facciali (come il sorriso) D naturalmente, però, le
analogie con le osservazioni compiute nel mondo animale non devono far
dimenticare le differenze enormi con il comportamento umano, che è molto
sensibile all’apprendimento e alla cultura; inoltre, la nozione di istinto
appare alquanto inappropriata per poter rendere conto della variabilità,
complessità e differenziazione comportamentale della nostra specie; sono
soprattutto gli psicologi che si ispirano alla teoria evoluzionistica
che attribuiscono maggiore importanza ai fattori innati e cercano di spiegare
comportamenti anche complessi come determinati da tali fattori innati,
geneticamente trasmessi
II. Le teorie della riduzione
delle pulsioni.
le
pulsioni, o pulsioni primarie, sono, come gli istinti, innate (non
apprese); tuttavia, diversamente dagli istinti, possono mostrare un grado di
variabilità interindividuale molto elevato e possono dar luogo a differenze
sensibili anche nello stesso individuo, in situazioni diverse; si manifestano in
modo automatico; si tratta di bisogni organici, che si manifestano come
degli stati corporei spiacevoli, che richiedono, con maggiore o minore
intensità e urgenza, di essere alleviati " Cannon ha proposto una teoria, detta omeostatica,
secondo la quale tutte le pulsioni tenderebbero all’equilibrio; le teorie
della riduzione delle pulsioni si basano sull’idea che il comportamento sia
guidato dalla necessità di mantenere il più possibile una situazione di
equilibrio e che quindi cerchi di riprodurlo in risposta ai cambiamenti
imposti dall’ambiente; quando l’equilibrio viene interrotto, si genera
una pulsione, che predispone e spinge l’organismo ad intraprendere un’azione
capace di stabilirlo; fa riferimento alla dimensione naturale del
comportamento e alle sue caratteristiche biologiche, ma, diversamente dalla
teoria degli istinti, riconosce l’importanza dell’apprendimento; le
pulsioni diventano anzi fonte importante di apprendimento, dando luogo ai
fenomeni cosiddetti di rinforzo; si distinguono le pulsioni primarie
(come la fame o la sete, dove cibo e acqua funzionano come rinforzi primari per
l’apprendimento) dalle pulsioni secondarie (es: il bisogno di denaro),
che sono inizialmente apprese, ma che successivamente funzionano esattamente
come quelle primarie, generando appunto uno stato di bisogno che dev’essere
soddisfatto
III. Teorie dell’arousal e
dell’incentivo.
vi
sono molte circostanze nelle quali gli individui sembrano motivati piuttosto
dall’esigenza di rompere che da quella di ristabilire un equilibrio; molti
comportamenti curiosi o esplorativi non danno luogo ad alcuna riduzione delle
pulsioni, anzi, al contrario, accrescono il livello di attivazione
dell’organismo " i teorici dell’arousal
(specie di livello generale di attivazione di diversi sistemi fisiologici) ritengono
che la motivazione abbia a che fare non solo con la riduzione, ma anche con
l’accrescimento dell’attivazione, e che in definitiva ne rappresenti una forma
di regolazione; queste teorie sostengono che le persone siano motivate non
tanto ad abbassare l’arousal, quanto piuttosto a mantenerlo ad un livello
ottimale; questo livello ottimale di stimolazione non è uguale per tutte le
persone: generalmente, comunque, gli individui cercano di aumentarlo
quando esso è basso (es: sono eccessivamente rilassati) e di abbassarlo quando
è alto (e sono quindi sovra-attivati); la legge di Yerke-Dodson dice che
un arousal moderato favorisce un buon livello di prestazione; livelli eccessivi
di arousal sono invece considerati dannosi, specialmente per quanto riguarda l’attività
cognitiva
la
teoria dell’incentivo, diversamente dalle precedenti, è particolarmente
centrata sul ruolo svolto dagli stimoli ambientali sul comportamento,
più che su quello di componenti motivazionali interne; secondo questa teoria,
il comportamento è regolato da una relazione costi-benefici; il valore
degli incentivi non è comunque indipendente dagli stati interni dell’individuo (es:
l’acqua avrà un diverso ruolo incentivante se l’animale è assetato oppure no); gli
incentivi sono particolarmente importanti nell’apprendimento basato sul condizionamento
e possono dar luogo alla formazione di motivi condizionati
IV. L’alimentazione.
la
fame è una delle più note pulsioni primarie; si pensa che nello stomaco (ma
non solo) vi siano dei recettori speciali, in grado di analizzare
chimicamente il cibo e di segnalare i risultati al cervello; può capitare,
inoltre, che le nostre regolazioni falliscano (disturbi alimentari); l’ipotalamo
laterale ed il nucleo ventro-mediale sono particolarmente importanti nel
controllo della fame e della nutrizione: sembra che questi 2 centri
interagiscano tra loro, equilibrandosi, per mantenere un punto di riferimento
nel peso corporeo (teoria del punto di regolazione), come una specie di
termostato; naturalmente il comportamento alimentare, specialmente nella specie
umana, è determinato non soltanto da fattori di tipo biologico:
¡
gusto
¡
varietà
¡
voglie
¡
modo di presentazione del cibo
¡
aspetti di natura culturale
¡
età
disturbi
alimentari:
quei comportamenti che si distaccano in misura notevole (in eccesso o in
difetto) dalle richieste biologiche dell’organismo e dagli standard culturali,
determinando talvolta anche variazioni patologiche del peso corporeo; possono,
e spesso lo sono, essere associati ad altri tipi di disturbo, di natura
psicologica
¡
obesità: è ormai certo che vi siano fattori predisponesti; si
ipotizza che le persone obese mangiano di più perché sono relativamente
insensibili agli stimoli interni, cioè alle sensazioni di fame, mentre sono
molto più dipendenti dagli stimoli esterni (es: la quantità dell’offerta di
cibo); si ipotizza anche che nelle persone obese il punto di regolazione del
peso sarebbe spostato verso un valore più alto del normale; il solo fatto di
essere a dieta provoca un senso continuo di deprivazione e un’attività
cognitiva esageratamente centrata sul cibo
¡
anoressia nervosa (progressiva inappetenza, fino a raggiungere
livelli di denutrizione patologica) e bulimia nervosa (alternanza di
abbuffate e di vomito o assunzione di potenti lassativi): entrambe sono
caratterizzate da un timore eccessivo per il peso corporeo; le cause di questi
disturbi non sono ancora completamente conosciute; certamente essi trovano un
rinforzo nella cultura contemporanea, che valorizza la snellezza della linea
V. La sessualità.
gli
studiosi hanno a lungo discusso se il sesso debba essere considerato una pulsione
biologica, come il cibo e la sete: in effetti, la grande varietà di costumi
sessuali nelle differenti popolazioni farebbe pensare che la sessualità dipenda
piuttosto dall’apprendimento e dalla cultura; tuttavia, la componente
biologica, ed in particolare quella ormonale, ha un ruolo tutt’altro che
trascurabile; gli ormoni sessuali (femminili = estrogeni, maschili = androgeni,
tra cui il più importante è il testosterone) hanno un’importanza fondamentale
nel desiderio e nell’attivazione sessuale; ciascun ormone sessuale è presente
in entrambi i sessi, che differiscono tra di loro soprattutto per la
quantità; la differenziazione sessuale (dimorfismo) è presente nell’ipotalamo;
importanti differenze nel ciclo della risposta sessuale nell’uomo e
nella donna; successione dell’atto sessuale: fase di eccitamento, fase di
plateau, fase dell’orgasmo, fase di risoluzione (posizione di rilassamento, periodo
refrattario)
il
desiderio sessuale non è soltanto una questione di ormoni, l’attività
mentale dell’individuo e le norme culturali hanno un’influenza considerevole:
preoccupazioni troppo invadenti impediscono di godere appieno e persino di
portare a termine, o anche solo di iniziare, l’atto sessuale; sono spesso
decisive le attribuzioni che l’individuo (uomo o donna) dà alla propria
attivazione sessuale, o comunque a quei sintomi che sono assunti come
caratteristici del desiderio sessuale; le persone hanno attività sessuali non
soltanto per rispondere ad un’eccitazione fisiologica (spesso sono spinte da
motivazioni di tipo psicologico; molto spesso le persone hanno rapporti
sessuali contro voglia, perché si sentono forzate dalla situazione); vi sono
anche i casi di violenza vera e propria (le cause sono solo in parte
legate al desiderio sessuale; lo stupro è una manifestazione di aggressività,
più che di sessualità); per quanto la sessualità abbia un evidente fondamento
biologico (del resto è collegata alla funzione riproduttiva), essa appare
modulata in modo estremamente vario nelle diverse culture e nelle diverse
epoche storiche; i criteri di giudizio si manifestano non solo nei
comportamenti esplicitamente sessuali, ma in genere nei rapporti tra i sessi e
persino nell’abbigliamento; anche nella stessa cultura possono esservi
differenti rappresentazioni e regolamentazioni della sessualità, ad esempio in
relazione agli ambienti sociali, ai ruoli sessuali codificati e, naturalmente,
all’età; i ruoli sessuali sono profondamente cambiati con lo sviluppo
economico, con il crescente inserimento professionale della donna e con
lo sviluppo delle tecniche di controllo delle nascite
l’attività
sessuale nella nostra specie è prevalentemente eterosessuale e svolge
una funzione essenziale nella riproduzione; l’eterosessualità è anche sostenuta
culturalmente; vi è comunque una quota non lieve, anche se difficile da
quantificare in modo preciso (in parte anche per il sanzionamento sociale),
di persone che hanno un orientamento diverso, detto omosessuale, in
quanto rivolto a persone del proprio sesso; vi sono comunque anche persone che,
pur avendo un orientamento prevalentemente eterosessuale, oppure omosessuale,
occasionalmente hanno comportamenti di orientamento diverso; l’omosessualità,
ritenuta normale in alcune culture, è considerata tuttora ripugnate in altre; nella
cultura occidentale l’omosessualità è stata a lungo considerata come una manifestazione
di anormalità (epoca nazista); considerata una forma di malattia mentale,
fu cancellata dalla classificazione dei disturbi mentali solo nel 1973; oggi
la situazione, almeno nell’Occidente europeo e nordamericano, è molto cambiata,
anche se non è ancora facile, per gli individui di orientamento omosessuale,
dichiarare pubblicamente la propria scelta; recentemente si sono ricercate
prove che dimostrino l’origine biologica dell’omosessualità; anche
l’impatto degli ormoni sessuali sull’orientamento sessuale ha trovato conferma
in alcune ricerche; a favore dell’ipotesi biologica dello sviluppo
dell’orientamento sessuale sono anche la relativa insensibilità
dell’omosessualità a trattamenti di tipo psichiatrico (quando essa era ancora
ritenuta una malattia mentale), sia la scarsa influenza riscontrata
sull’orientamento sessuale di bambini affidati a persone omosessuali; al
momento non si può sostenere con sicurezza che l’orientamento sessuale sia
determinato biologicamente, o almeno non esclusivamente
VI. Attaccamento e amore.
sentirsi
in contatto, anche fisico, con un individuo amato (la madre, ma anche altri
adulti che si prendono cura di lui) è un bisogno fondamentale (altrettanto primario
come il cibo) dei piccoli della nostra specie e di altri primati (bisogno di
attaccamento); la deprivazione del contatto fisico con la madre, anche quando
siano disponibili nutrimento e cure adeguate, può avere conseguenze molto
gravi nei bambini (anche a lungo termine e dare luogo a problemi di natura
comportamentale o psicologica); le madri e le altre figure di attaccamento
rappresentano una base sicura per l’esplorazione dell’ambiente: questa è
una condizione fondamentale per lo sviluppo cognitivo ed affettivo successivo
del bambino; tra i 7 e i 9 mesi i bambini presentano reazioni di ansia
dell’estraneo e di ansia della separazione ! studiata utilizzando una
particolare tecnica, detta della strange situation " 3 diverse tipologie di
attaccamento:
¡
sicuro
¡
evitante: il bambino sembra non fare differenza tra la madre e
l’estraneo; non protesta quando la madre si allontana, né fa particolari feste
quando ritorna
¡
ansioso ambivalente: il bambino protesta quando viene
lasciato, ma oppone resistenza al contatto con la madre, si mostra arrabbiato e
non si lascia consolare
questi
differenti stili di attaccamento sono collegati al rapporto che la madre
ha avuto col bambino già dai primi mesi, anche se non soltanto ad esso (le
forme di attaccamento insicuro non sono principalmente collegate a delle cure
insufficienti, ma con il tipo di comportamento (poco sensibile o non
responsivo) delle madri); recentemente si è collegato l’amore adulto
all’attaccamento
quella
basata sull’attaccamento non è l’unica tipologia concernente l’amore " si distinguono spesso l’amore
romantico, o appassionato, immediato, instabile e tormentato,
caratterizzato soprattutto dal desiderio sessuale e dalla possessività, e
l’amore di compartecipazione, che si sviluppa tra pari, basato sul rispetto
e sulla reciprocità, più stabile e duraturo; Stenberg ha distinto 3 ingredienti fondamentali dell’amore:
¡
passione (caratterizzata dall’eccitamento sessuale e
dall’euforia)
¡
intimità (caratterizzata della comprensione e dall’affetto)
¡
impegno (caratterizzato dalla reciprocità e lealtà
interpersonale)
queste
dimensioni appaiono generalmente ben comprese e condivise dalle persone e nelle
diverse culture; secondo Stenberg, le varie forme dell’amore risultano da mescolanze
di questi ingredienti fondamentali; un amore completo, o ideale,
dovrebbe comprendere tutti e 3 gli ingredienti, anche se sono possibili
differenti modulazioni in base ai diversi periodi di vita; le ricerche non
evidenziano diversità particolari tra i 2 sessi rispetto agli stili amorosi; piuttosto,
uomini e donne possono differire, in rapporto ai diversi ruoli e copioni
(script) sessuali, nel modo in cui esprimono l’amore, o nei significati
attribuiti, ad esempio, all’intimità o alla reciprocità; una relazione valida
si basa su una dialettica tra prossimità e lontananza
VII.
Motivazioni cognitive e sociali.
il
comportamento umano non è rigidamente fissato nell’istinto, ma è orientato
verso il raggiungimento di scopi, che gli assicurano la direzionalità
necessaria; normalmente ci proponiamo più scopi: alcuni possono far
parte di un’unica catena, rispetto alla quale gli scopi più concreti
rappresentano delle condizioni per raggiungerne altri, più generali ed
astratti, posti gerarchicamente più in alto; in alcuni casi, fanno parte di
catene diverse e possono anche entrare in conflitto tra di loro; un ruolo
essenziale è svolto dalle nostre aspirazioni, in quanto queste
influenzano notevolmente le aspettative circa i risultati del nostro
comportamento; la misura in cui le nostre aspettative saranno confermate o meno
costituisce un feedback importante per modificare il nostro comportamento
e renderlo più efficace: se lo scarto dal risultato atteso è troppo alto, è
possibile che si perda fiducia nella possibilità di raggiungere lo scopo e
magari si rinunci a perseguirlo, adottandone un altro, percepito come più
raggiungibile; Weiner ha analizzato
le componenti cognitive dei processi di attribuzione della causalità del
successo e dell’insuccesso:
¡
cause interne ed esterne (al soggetto)
¡
cause stabili ed instabili
¡
cause controllabili e non controllabili
l’impegno è una causa interna
variabile e controllabile, mentre l’abilità è una causa interna, stabile
e non controllabile (se l’individuo attribuirà il suo insuccesso ad un impegno
insufficiente, e non alla mancanza di abilità, persevererà nel suo scopo e si
sentirà motivato ad impegnarsi di più la volta successiva; se, al contrario,
attribuirà l’insuccesso ad una mancanza di abilità, oppure ad un compito troppo
difficile (causa esterna, stabile e incontrollabile), sarà indotto a rinunciare;
un aspetto altrettanto importante della motivazione è il mantenerli nonostante
gli insuccessi e cercare le strategie più opportune per raggiungerli senza
dovervi rinunciare " Deci e Ryan hanno distinto una motivazione intrinseca, che
ci spinge a svolgere delle attività per se stesse, senza ricercare una
ricompensa esterna, da una motivazione estrinseca, che dipende invece da
ricompense adeguate; molti comportamenti (esplorazione di nuove attività,
gioco, ..) si basano prevalentemente o esclusivamente su motivazioni
intrinseche; motivazione intrinseca ed estrinseca non sono però
necessariamente in accordo: sebbene sembri che premiare un’attività che si
fa già spontaneamente possa renderla ancora più piacevole, vi sono ricerche che
mostrano, al contrario, come dare troppi premi possa avere effetti diversi da
quelli attesi (esempio del disegnare per i bambini); l’uso dei rinforzi
attiva infatti una motivazione estrinseca, regolata dall’esterno: essa può dare
anche risultati molto efficaci, specie in situazioni in cui gli individui
debbano fare cose che non li attraggono, o che non farebbero se non dietro
ricompensa, ma raramente duraturi, senza il supporto di motivi
maggiormente intrinseci
VIII.
La motivazione al successo.
un
ruolo molto importante è svolto dal bisogno di successo (o di realizzazione)
" gli individui con bisogno
di successo elevato differirebbero dagli altri per:
¡
un maggiore coinvolgimento nei compiti assunti
¡
un desiderio intenso alla riuscita
conseguentemente
¡
si impegnerebbero più a fondo
¡
tratterebbero dai successi ottenuti una più intensa
soddisfazione
¡
sarebbero più preoccupate riguardo alle loro prestazioni e
al loro livello di abilità
¡
tenderebbero a scegliere compiti in cui i risultati possano
essere chiaramente individuati
¡
preferirebbero il parere, anche critico, di persone
competenti a quello, più benevolo, di persone amiche, ma non competenti
¡
elaborerebbero piani dettagliati per il futuro
¡
preferirebbero affrontare i problemi senza chiedere aiuto
¡
si mostrerebbero maggiormente capaci di posticipare le
ricompense attese
il
bisogno di successo si formerebbe già durante l’infanzia, in rapporto allo
stile educativo ricevuto; il bisogno di successo, benché in gran parte
modellato durante l’infanzia, resta suscettibile di miglioramento anche in
età più avanzata, impegnando i giovani in programmi in cui vengano
incoraggiati a sviluppare maggiori aspettative circa le loro attività e più
fiducia nella capacità di raggiungere scopi accuratamente pianificati; oltre
alle pratiche di socializzazione infantile e scolastica, anche
l’ambiente culturale può favorire o scoraggiare lo sviluppo di una motivazione
al successo (mentre le culture dei paesi occidentali fortemente
industrializzati tendono ad incentivare lo sviluppo del bisogno di successo,
altre culture (come quelle orientali) incoraggiano altri tipi di motivazione);
differenze importanti sono state riscontrate anche tra uomini e donne (generalmente
le donne mostrano punteggi più bassi di motivazione al successo); paura del
successo: incapacità di andare fino in fondo per conseguire obiettivi molto
elevati e tendenza a tirarsi indietro quando la meta è relativamente vicina; anche
nella nostra cultura, nonostante il ruolo della donna sia radicalmente
cambiato, il successo professionale delle donne non è particolarmente
incoraggiato; le pratiche di socializzazione infantile hanno sempre
riprodotto una situazione di inferiorità della donna: le donne sono
abituate ad attribuire i propri fallimenti a mancanza di abilità, mentre i maschi
a mancanza di impegno
LE
MOTIVAZIONI SUL LAVORO
|
|
la
motivazione e la soddisfazione sul lavoro non dipendono unicamente da una
paga adeguata, ma il lavoratore è motivato anche da altri fattori (interesse
del compito, riconoscimento individuale, bisogno di appartenenza al gruppo, rapporti
umani soddisfacenti); anche per quanto riguarda le motivazioni sul lavoro vi
sono differenze culturali molto grandi: spesso si contrappongono le
culture industriali orientali (specie quella giapponese) a quella occidentale
(nei paesi a cultura occidentale ad alto sviluppo industriale, i rapporti
fortemente gerarchizzati sono meno accettati; gli studiosi da tempo individuano
una maggiore diffusione nella nostra cultura di motivazioni puramente
strumentali (legate alla paga e al reddito)
IX. Il senso di autoefficacia.
per
Dweck gli scopi possono essere
ricondotti a 2 classi fondamentali:
¡
scopi di prestazione (performance), che implicano
cioè la ricerca di un giudizio favorevole sulla propria competenza
¡
scopi di apprendimento (learning), che implicano invece
la ricerca di un aumento della propria competenza
alcuni
studiosi hanno distinto 2 principali modelli cognitivo-motivazionali di
risposta:
¡
il primo, fondamentalmente disadattivo, denominato senza
aiuto (helpless), consiste nel rifiuto delle difficoltà e nel
deterioramento della performance di fronte agli ostacoli
¡
il secondo, più adattivo, denominato orientato alla
competenza (mastery oriented), consiste nel cercare le situazioni
impegnative e nel mantenere una tensione dopo il fallimento
scopi
di performance D modello helpless
scopi
di apprendimento D modello di competenza più
adattivo
una
focalizzazione sull’apprendimento rende le persone meno ansiose e lo svolgimento
del compito come più piacevole; sentirsi competenti ed efficaci è un motivo
importante per gli individui; Bandura
ha condotto un vasto programma di ricerca finalizzato a scoprire che cosa
promuove negli individui il senso di autoefficacia (self-efficacy) e a mostrare
come questa sia importante in una grande varietà di situazioni interpersonali e
sociali, nel mondo del lavoro e nei comportamenti connessi con la salute:
¡
l’autoefficacia si sviluppa innanzitutto con l’esperienza
di acquisire nuove abilità e di superare degli ostacoli: anche
qualche insuccesso è necessario, perché se si ha sempre successo, si tende ad
aspettare dei risultati immediati e a scoraggiarsi troppo presto
¡
importanti sono gli esempi forniti da modelli di
persone percepite come simili a sé che hanno avuto successo ed hanno superato
delle difficoltà
¡
anche l’incoraggiamento da parte di altri e la consapevolezza
di aver fatto quello che si doveva fare consentono di superare i risultati
temporaneamente negativi
¡
è importante la percezione di potersi mantenere calmi e
rilassati anche in condizioni di tensione e di stress
le
motivazioni umane sono molto più numerose e varie di quelle descritte: vi sono infatti anche la
motivazione alla chiusura (bisogno di una conoscenza definita e non ambigua), la
motivazione al potere (desiderio di dominare e influenzare le altre persone); la
motivazione all’affiliazione (desiderio di stare insieme con altre persone e
adeguarsi alle richieste del gruppo), la motivazione all’appartenenza (ricerca
dell’aggregazione ad un gruppo del quale ci si sente membri) " un’utile classificazione dei bisogni
è quella proposta da Maslow, che ha
descritto una piramide dei bisogni (è lungi dall’essere esaustiva; è altresì
semplicistica l’idea che i bisogni vengano realizzati secondo una sequenza
gerarchica; tuttavia, può essere un utile riferimento per cogliere i
collegamenti tra i vari motivi):
1. bisogni biologici (come
quelli di cibo, acqua, aria)
2. di sicurezza (come quelli
di attaccamento)
3. affettivi e di appartenenza
(il far parte di gruppi sociali e avere valide relazioni affettive con altre
persone)
4. di stima e considerazione (essere
persone ben considerate ed onorate)
5. di autorealizzazione (essere
capaci di esplorare e sviluppare le relazioni con altri, seguire degli
interessi per motivi intrinseci e non per status o per ottenere il consenso,
..)
X. Che cos’è un’emozione??
i
contributi che hanno maggiormente influenzato la riflessione teorica sulle
emozioni sono stati indubbiamente quelli offerti da:
¡
Darwin: inquadrò lo studio delle emozioni all’interno della teoria
evoluzionistica, mostrando la continuità tra le emozioni (o meglio le
espressioni emozionali) nel mondo animale e tra questo e l’uomo; studio
basato sull’osservazione oggettiva del comportamento; carattere intrinsecamente
adattivo delle emozioni, loro natura biologica e innata (le espressioni emotive
sarebbero universali e non variabili culturalmente)
¡
Freud: elaborò le sue idee prevalentemente all’interno di un contesto
terapeutico, di cura delle nevrosi; servono a proteggersi dalla
sofferenza emotiva; natura ambivalente delle emozioni; tipico della tecnica
psicoanalitica è l’uso della narrazione come strategia di elaborazione delle
emozioni
¡
James: rovesciò una tradizione secolare affermando che le
emozioni erano piuttosto la percezione dell’attivazione corporea innescata da
stimoli ambientali a carattere emotivo
la concezione, propria del senso comune, secondo cui le
emozioni sarebbero reazioni irrazionali, disgregatrici del comportamento,
appare ormai superata dalle teorie moderne, che guardano alle emozioni come a risposte adattive dell’organismo alle
sollecitazioni ambientali; nell’uomo l’adattamento non può più essere
affidato a semplici reazioni riflesse o istintuali che, per la loro
rigidità, non consentirebbero di reagire in modo appropriato ad un ambiente
complesso ed altamente dinamico " le emozioni operano
invece una dissociazione tra stimoli e risposte, a partire dalla quale la
condotta dell’organismo diventa più lenta, ma più varia e flessibile " i vantaggi di questa separazione
sono rappresentati dal fatto che:
¡
si interpone una sia pur breve latenza tra l’evento-stimolo
e la risposta
¡
una risposta appropriata può essere preparata velocemente
le funzioni che vengono riconosciute generalmente
alle emozioni sono molteplici:
¡
capacità di determinare rapidamente i cambiamenti
fisiologici necessari per sostenere le risposte adattive dell’organismo
¡
preparazione all’azione
¡
funzioni sociali e più specificamente interpersonali, come
la possibilità di coordinarsi e di cooperare comunicando i propri piani e le
proprie intenzioni attraverso l’espressione
gli
studiosi di ispirazione cognitivista sottolineano inoltre:
¡
funzione di modificazione dell’attività cognitiva, ad
esempio l’interruzione dell’esecuzione dei piani in corso e il riorientamento
alla condotta con la segnalazione di nuove priorità
le emozioni possono essere viste appunto come segnali non
preposizionali (cioè privi di contenuto informativo) capaci di settare
rapidamente l’individuo in un dato modo (a livello cognitivo, fisiologico,
comportamentale), rendendolo pronto a reagire adattivamente alla situazione
ambientale; sono una potente e sofisticata interfaccia tra l’organismo e
l’ambiente, in grado di mediare fra le situazioni costantemente mutevoli e
le risposte comportamentali dell’individuo; sono anche potenti mezzi di
comunicazione
CLASSIFICAZIONE
DELLE EMOZIONI
|
|
quali
e quante sono le emozioni??
¡
secondo i sostenitori delle teorie evoluzionistiche,
le emozioni sarebbero relativamente poche (6 o al massimo 10) e
costituirebbero delle entità discrete, cioè distinte le une dalle altre
e caratterizzate da configurazioni ben specifiche, a livello espressivo,
fisiologico, motivazionale ed esperienziale: esse sono dette anche emozioni
fondamentali, o di base, e sarebbero innate e perciò uguali in tutte le
culture (felicità, tristezza, paura, rabbia, disgusto, sorpresa); tutti gli
altri nomi di emozioni si riferirebbero ad emozioni derivate (o complesse,
perché aggiungono un contenuto preposizionale, cioè una valutazione di sé in un
specifico contesto situazionale), che dipenderebbero maggiormente dalla cultura
e dall’apprendimento
¡
secondo le teorie costruzionistiche, le emozioni non
avrebbero invece un’origine biologica, ma culturale: esse
dipenderebbero sostanzialmente dal linguaggio e dalla struttura dei valori di
una data società; come tali, esse sarebbero infinite, o comunque variabili
secondo le culture
¡
gli autori di ispirazione cognitivista connettono le
emozioni al cosiddetto appraisal (valutazione cognitiva), e ritengono
che le diverse emozioni siano connesse a differenti profili valutativi
XI. Le teorie delle emozioni.
benché
vi siano molte teorie, tutti gli studiosi sono d’accordo sul fatto che
le emozioni sono dei sistemi complessi, comprendenti molteplici componenti che
vengono attivate insieme:
¡
vissuti soggettivi che accompagnano le nostre
emozioni; essi sono sempre caratterizzati da una particolare valenza (positiva
o negativa) dell’emozione
¡
valutazione cognitiva dell’avvenimento che è all’origine della
nostra emozione, di cui stima l’impatto rispetto ai nostri scopi o interessi
¡
componenti fisici che accompagnano le reazioni emotive e preparano
fisiologicamente l’organismo a reagire all’evento
û
le emozioni sono inoltre caratterizzate da
un’espressione (soprattutto, ma non esclusivamente) facciale, con la
quale segnaliamo le nostre emozioni e le nostre intenzioni comportamentali agli
altri individui nel volto e con movimenti del nostro corpo e attiviamo
sempre anche una tendenza all’azione, che ci spinge a reagire in un
certo modo all’evento: come un impulso a fare qualcosa, più che
un’azione diretta
û
non vanno trascurati gli effetti sull’attività cognitiva
e sul pensiero dell’individuo, attività che viene rivolta verso particolari
aspetti della situazione e distolta da altri
û
diversamente da altri fenomeni affettivi (come gli stati
dell’umore o gli atteggiamenti), le emozioni sono concepite come fenomeni
transitori (anche se capaci di produrre effetti che durano nel tempo), connessi
ad eventi specifici
1. la prima e più nota delle teorie fisiologiche è quella formulata
alla fine dell’800 da James,
detta anche teoria periferica delle emozioni: quando nell’ambiente si
verifica un avvenimento emotivamente rilevante, questo provoca in modo diretto
un’attivazione fisiologica (arousal) a livello periferico, la cui percezione,
da parte dell’individuo, dà luogo all’esperienza emotiva
E
questa
teoria fu poi criticata da Cannon,
in quanto i visceri hanno una sensibilità poco elevata, troppo lenta e
soprattutto poco differenziata per rendere conto della diversità delle
esperienze emotive
la
teoria periferica non si è estinta con James: ad essa si collegano infatti,
direttamente o indirettamente, ipotesi più recenti, come quella cosiddetta del
feedback facciale o la teoria vascolare dell’efferenza emotiva
alla
teoria periferica di James, si contrappone l’altra teoria fisiologica
fondamentale, detta centrale, di Cannon:
i centri di attivazione, controllo e regolazione delle emozioni sono piuttosto
localizzati a livello centrale, nella regione talamica " circuito (limbico) di Papez: zone del cervello considerate i centri
di elaborazione e controllo delle emozioni
IPOTESI
PERIFERICHE DELLA GENERAZIONE DELL’EMOZIONE
|
|
secondo
la teoria del feedback facciale, le espressioni facciali forniscono
informazioni propriocettive, motorie, cutanee e vascolari, capaci di
influenzare il processo emotivo:
¡
nelle sue versioni più forti, quest’ipotesi sostiene che il
feedback facciale sia capace di generare da solo l’esperienza emotiva
¡
una versione meno estrema ha invece sostenuto che il
feedback facciale aumenta l’intensità dell’emozione
se,
dunque, diverse ricerche mostrano una certa capacità di modulazione dell’esperienza
emotiva da parte del feedback facciale, resta però il fatto che questa non è
comunque assoluta, né sono del tutto chiari i meccanismi con cui avviene
tale influenza
2. le teorie evoluzionistiche si ispirano alle idee e agli studi di Darwin sull’espressione delle emozioni
negli animali e nell’uomo: sottolineato la continuità e la somiglianza delle
espressioni emotive umane con quelle del mondo animale (in particolare
dei primati) e hanno sostenuto che le emozioni sono risposte adattive
innate, uguali in tutte le culture e indipendenti dell’apprendimento; le
emozioni avrebbero un ruolo molto importante nell’adattamento delle specie
all’ambiente (funzione sia comunicativa, sia di preparazione ad azioni
utili per la sopravvivenza)
teorie
delle emozioni di base, o fondamentali, le quali propongono una
differenziazione categoriale delle emozioni, viste come stati discreti,
universali e, in definitiva, innati: esisterebbe un numero relativamente
ristretto, e comunque finito, di emozioni (per Ekman sono 6: rabbia, disgusto, paura, tristezza, felicità e
sorpresa), ben demarcate dalle altre e tali da non poter essere confuse
3. teorie costruzionistiche: posizione radicalmente opposta a
quella dei sostenitori delle emozioni di base; le emozioni non vanno intese
come entità biologiche determinate, ma come costruzioni sociali; sono
infatti il linguaggio e la struttura dei valori delle società a
determinare le emozioni, come è del resto testimoniato dall’analisi del lessico
emotivo, che mostra come le loro denominazioni varino sensibilmente nelle varie
epoche storiche e nelle diverse culture; numerosi studi interculturali hanno
fornito ampia evidenza della diversità e specificità delle emozioni nelle
diverse culture
ESISTONO
EMOZIONI UNIVERSALI??
|
|
¡
per Ekman, e in
genere per gli studiosi di scuola evoluzionista, le emozioni
fondamentali sono controllate da programmi neuronali innati, uguali in
tutte la specie; le differenze che talvolta si riscontrano, tra una cultura e
un’altra, sono soltanto dovute alle regole con le quali le culture stesso codificano
il modo in cui le emozioni debbano venire espresse (regole di esibizione)
¡
per altri studiosi invece vi sono delle emozioni non
universali (la rabbia, un’emozione ritenuta di base, è praticamente
sconosciuta presso gli esquimesi Inuit; in altre culture, vi sono emozioni a
noi del tutto sconosciute, come l’amae giapponese, che può essere descritta
come una sorta di dipendenza (piacevole) che gli individui adulti ricercano nei
loro rapporti con gli altri)
ð la contrapposizione di
punti di vista biologici e costruzionisti è probabilmente inadeguata, in quanto
le emozioni sono sia biologiche sia
costruite socialmente
4. teorie cognitive: concezioni che ritengono che la cognizione abbia
un ruolo essenziale nella generazione delle emozioni
agli
inizi degli anni 80 è stata molto vigorosa la polemica tra
¡
Zajonc, sostenitore della priorità
dello stimolo (lo stimolo, immediatamente dopo la registrazione sensoriale,
dà luogo ad una risposta affettiva)
Lazarus, sostenitore della priorità
della cognizione (una sia pur minima elaborazione della valenza e della
rilevanza per gli scopi è indispensabile perché si produca una reazione emotiva)
le
teorie cognitive sono generalmente alquanto indifferenti, se non contrarie,
all’idea delle emozioni universali e innate; radicalizzando il concetto di
componenzialità, nella loro concezione, le emozioni fondamentali sono
semplicemente alcune combinazioni essenziali di diverse componenti di base;
secondo le teorie cognitive le diverse emozioni possono essere differenziate
tra di loro in base al profilo emergente dalla combinazione di alcune
dimensioni valutative, o di appraisal (come la novità, la piacevolezza, la
controllabilità dell’evento da cui ha origine l’emozione) " dette anche teorie
dell’appraisal; le emozioni sono adattive: esse insorgono, infatti,
nelle situazioni in cui accade qualcosa d’importante per l’individuo e servono
a prepararlo e a motivarlo a rispondervi adattivamente; le emozioni non sono
semplici risposte agli stimoli situazionali (cioè non sono simili ai riflessi),
ma rispecchiano le implicazioni personali di una persona, le sue conoscenze, la
sua esperienza passata (per questo motivo le reazioni emozionali di
individui diversi alla stessa situazione non sono identiche, così come la
reazione dello stesso individuo potrà essere diverse in situazioni simili tra
loro); l’emozione è attivata dalla valutazione cognitiva, da parte
dell’individuo, degli effetti che le circostanze produrranno sul suo benessere " il risultato di questa valutazione
modella e organizza le altre componenti della risposta emozionale; gli
stati emozionali sono dunque virtualmente infiniti, ma ciò non esclude che
possano esservi alcune configurazioni più frequenti di altre, in quanto
costituiscono la risposta a situazioni maggiormente ricorrenti nel corso
dell’adattamento
5. teorie psicoanalitiche: si ricollegano alla concezione
elaborata da Freud all’inizio del
900, partendo dalle sue esperienze psicoterapeutiche; benché l’influenza
delle sue idee sia ancora notevole e l’impianto generale di esse sia ancora ben
riconoscibile, e benché il riferimento alla psicopatologia e al contesto
psicoterapeutico siano ancora fondamentali, le teorie recenti si sono molto
evolute:
¡
innanzitutto hanno cercato di integrarsi maggiormente
nella cultura più strettamente psicologica, in particolare nella psicologia
dello sviluppo, favorendo il confronto (e la contaminazione) con le altre
teorie psicologiche (specialmente quella cognitivista), con le neuroscienze e,
naturalmente, con la teoria evoluzionistica
¡
hanno notevolmente allargato il proprio orizzonte,
includendo nell’ambito del proprio interesse le emozioni cosiddette quotidiane,
ad esempio l’analisi della solitudine, della nostalgia, dell’invidia e della
gelosia
l’orientamento
psicoanalitico continua a guardare alle emozioni non come a fenomeni di breve
durata, legati a situazioni ambientali transitorie, ma come a fenomeni di lunga
durata, con un’origine essenzialmente interna, pur se in un contesto
interpersonale, come elaborazione di relazioni affettive in cui i processi di
tipo inconscio sono ancora dominanti e l’ambivalenza è un tratto intrinseco
XII.
Biologia delle emozioni.
le
nostre emozioni non sono soltanto eventi mentali, ma toccano anche, e spesso
violentemente, il nostro corpo; James,
alla fine dell’800, suggerì addirittura che le emozioni non fossero
altro che la percezione dei nostri cambiamenti fisiologici ! oggi sappiamo che James
sopravvalutava la nostra capacità di riconoscere ciò che accade nel nostro
corpo (le persone infatti non sono accurate nel riportare le proprie esperienze
fisiologiche e spesso commettono degli errori perché non vi hanno
normalmente accesso, anche se tali descrizioni possono essere altamente
condivise per effetto di schemi sociali comuni)
il
Sistema Nervoso Autonomo (SNA) ha un ruolo fondamentale nel provocare
una serie di modificazioni fisiologiche che accompagnano spesso vistosamente le
emozioni; esso invia informazioni tra il cervello e molti organi del nostro
corpo, di cui modula l’attività, incrementandola oppure diminuendola " in questo modo coordina l’attività
dei nostri organi in modo da rendere disponibili al corpo le risorse di cui ha
bisogno; si articola in 2 sottosistemi:
¡
simpatico: stimola le funzioni che producono energia (implicato
nelle situazioni di emergenza)
¡
parasimpatico: svolge una funzione detta antagonista, perché
cerca, all’opposto, di risparmiare energia (implicato nelle situazioni di
recupero)
le
emozioni possono attivare entrambi questi sistemi
dalla
prima formulazione della teoria di James in poi, si è cercato di individuare se
le emozioni possano esser differenziate dal punto di vista psicofisiologico:
¡
Cannon sosteneva che le diverse emozioni fossero
caratterizzate da un pattern di attivazione fisiologica unica, comune a tutte;
all’ipotesi del carattere indifferenziato dell’arousal aderirono i sostenitori
della teoria cognitivo-attivazionale
tuttavia,
per quanto appaia ancora oggi difficile differenziare in modo stabile e sicuro
da un punto di vista fisiologico le varie emozioni, vi sono sufficienti
evidenze di un certo grado di differenziazione tra le emozioni di paura
e rabbia, e tra le emozioni a qualità positiva e negativa
il
riconoscimento della valenza emotiva (positiva o negativa) dello stimolo
avviene dopo che l’informazione è pervenuta ad è stata elaborata dell’amigdala
(una struttura del sistema limbico) " a seconda della
provenienza dell’informazione all’amigdala, è possibile distinguere 2 vie:
¡
via talamica (o via bassa): invia un’informazione molto
povera dello stimolo, ma sufficiente ad iniziare una risposta emotiva
indifferenziata, non necessariamente compatibile con la situazione stimolo (attributi
emotivi)
¡
via corticale (o via alta): invia invece un’informazione
molto più dettagliata dello stimolo e serve al soggetto per preparare una risposta
adeguata ad esso (attributi semantici)
ð modello della doppia via
di LeDoux
IL
MODELLO COGNITIVO-ATTIVAZIONALE
|
|
negli
anni 60 riscosse grande interesse il modello cognitivo-attivazionale
di Schachter e Singer: questo modello conciliava il punto di vista
jamesiano, che sosteneva l’importanza dell’attivazione fisiologica autonomica
nella generalizzazione dell’esperienza emotiva, con quello di Cannon, che ne
affermava invece il carattere indifferenziato; questo modello affermava che,
perché si verifichi un’emozione, occorrono necessariamente 2 ingredienti:
¡
attivazione fisiologica (arousal), che viene rappresentata come
indifferenziata (come la monetina che si usa nei juke-box, che vale per tutte
le canzoni)
¡
cognizione, che è invece specifica della situazione, rende diverse le
varie esperienze emozionali e permette di etichettarle con dei nomi specifici
(felicità, paura, rabbia) (come i diversi tasti del juke-box, che permettono la
selezione delle singole canzoni) ! intesa come una conoscenza
di tipo causale, che consente di attribuire al tipo di situazione nella
quale si trova l’individuo (specialmente di interazione sociale) lo stato di
attivazione fisiologica da lui vissuto
la
dimostrazione sperimentale, al di là della limitatezza e lacunosità dei risultati, ha
dato luogo a molti tentativi di replica ed ha ispirato molti originali filoni
di ricerca (come quelli cosiddetti dell’attribuzione erronea, o del
transfert di eccitazione, nei quali l’individuo è indotto ad attribuire o
trasferire ad altra causa, anche non emozionale, la propria attivazione
fisiologica); essa era basata sulla manipolazione indipendente
dell’attivazione fisiologica (attraverso un’iniezione di epinefrina, un
sostanza attivante il SNA) e della cognizione (attraverso la costruzione di
vere e proprie trappole interazionali, in cui un complice dello sperimentatore
aveva il compito di ingannare i soggetti, inducendoli ad attribuire il proprio
stato di attivazione a delle specifiche condizioni situazionali di tipo
emotivo); la principale aspettativa era che un’emozione si sarebbe
attivata soltanto nelle condizioni nelle quali erano simultaneamente
presenti l’arousal e la cognizione, ed in particolare in quelle condizioni
nelle quali i soggetti non potevano attribuire la propria attivazione all’iniezione
di epinefrina; non tutte le previsioni furono confermate; tuttavia, ciò
non impedì a questa ricerca di restare uno degli esperimenti maggiormente
citati e più classici della psicologia delle emozioni
XIII.
Espressione e decodifica delle emozioni.
le
mimiche facciali sono di gran lunga la forma di espressione delle
emozioni più studiata a livello neuropsicologico (ruolo predominante dell’emisfero
destro D maggiore espressività
della metà sinistra del volto); molto importante è la capacità, da parte degli
individui, di riconoscere le varie espressioni emozionali e il loro
significato " molti elementi che fanno
supporre che tale capacità sia organizzata in forma modulare:
¡
accertata dissociabilità delle espressioni facciali dal
vissuto emotivo
¡
indipendenza del riconoscimento dell’identità del volto da
quella del significato emotivo dell’espressione
¡
lo stesso tipo di dissociabilità caratterizza il
riconoscimento della prosodia, che può veicolare nello stesso tempo informazioni
emotive oppure linguistiche
vi
sono molti modi in cui possiamo comunicare le nostre emozioni:
¡
linguaggio
¡
altri modi, non meno potenti, anche se molto meno
flessibili, perché meno controllabili dalla volontà dell’individuo: le
espressioni del nostro volto, ma anche l’intonazione vocale, le posture (comunicazione
non verbale)
sono
stati soprattutto gli studiosi di impostazione evoluzionistica che si
sono interessati alle espressioni facciali; essi sono infatti convinti che le
espressioni siano universali e possano essere riconosciute (decodificate) in
contesti culturali anche molto distanti tra loro " Ekman e Friesen hanno messo a punto un particolare metodo, detto FACS,
che ha consentito loro di individuare le espressioni facciali tipiche delle
principali emozioni, in particolare per le 6 emozioni ritenute di base, o
fondamentali, da questi 2 autori (felicità, sorpresa, tristezza, rabbia,
disgusto, paura) " basandosi principalmente
su compiti di riconoscimento, nei quali agli individui era richiesto di
decodificare espressioni facciali prototipiche delle varie emozioni,
raffigurate in speciali tavole fotografiche, Ekman, Frieser e molti altri
studiosi ritengono di aver potuto dimostrare il carattere universale e
innato delle espressioni emotive ! diversi autori hanno
sollevato obiezioni, soprattutto di tipo metodologico:
¡
si tratta di riconoscimento a scelta forzata
¡
artificialità della procedura
per
spiegare le differenze tra le diverse culture nel modo di esteriorizzare le
emozioni, hanno introdotto il concetto di regole di esibizione: le
variazioni tra le diverse culture non sono sostanziali, ma si limitano a
differenze nell’intensità o nel controllo dell’espressione e forse
nell’esperienza soggettiva
meno
studiate
delle espressioni facciali, anche per la maggiore complessità dei metodi di
studio adottati, sono le modificazioni nel respiro, nella fonazione e
nell’articolazione dei suoni, che danno luogo a variazioni vocali utili per il
riconoscimento delle emozioni (eppure la letteratura scientifica ha
individuato, a proposito della decodifica di messaggi vocali, un’accuratezza
media non inferiore a quella delle espressioni facciali)
XIV.
L’appraisal.
secondo
gli psicologi di orientamento cognitivo, le emozioni sono in genere
attivate da una valutazione cognitiva; il termine appraisal è
definito come un elemento che:
¡
completa la percezione permettendo di valutare in modo
immediato, automatico e quasi involontario la presenza o l’assenza di un
oggetto, o evento, e il suo carattere di positività o negatività
¡
produce la tendenza a fare qualcosa
il
sistema di valutazione è molto semplice, in quanto si basa su 3 sole
dimensioni dicotomiche:
¡
presenza o assenza dell’oggetto
¡
sua natura benefica o nociva
¡
proprietà di facilitare il raggiungimento di uno scopo
positivo o l’evitamento di qualcosa di dannoso
per
la teoria dell’appraisal, le emozioni sono fenomeni adattivi; in quanto
tali, esse adempiono a delle precise funzioni, principalmente
autoregolative:
¡
regolare l’attenzione: questa funzione, con la quale
l’individuo viene messo all’erta circa di avvenimenti significativi è ampiamente
inconscia e preattentiva; in quanto tale, il sistema è rapido, ma molto poco
informato
¡
funzione motivazionale: la risposta emozionale prepara
l’individuo e lo motiva ad affrontare l’evento che ha provocato l’emozione (questa
funzione richiede invece una descrizione molto dettagliata dello stimolo
situazionale, perché solo in questo caso può predisporre l’individuo a reagire
appropriamente ad esso; pertanto, il sistema non può essere né pre-attentivo,
né inconscio)
distinti
2 tipi di elaborazione, corrispondenti alle 2 diverse funzioni dell’emozione,
che non è difficile collegare con quanto detto a proposito di LeDoux e delle 2
vie, talamica e corticale, di attivazione dell’amigdala:
¡
processamento schematico: trova un esempio nel priming
(facilitazione) e nella propagazione dell’attivazione; si tratta di processi
veloci e automatici, che possono attivare molti tipi di memoria simultaneamente
(in parallelo); operano al di fuori dalla consapevolezza e richiedono
pochissime risorse attentive, non dipendono dalla volontà e sono quindi rigidi;
non dipendono totalmente dall’informazione verbale, ma possono basarsi su
qualsiasi tipo di informazione venga memorizzata: qualunque indizio (cue)
sensoriale può fungere da facilitatore (primer); quando è attivata una qualsiasi
di queste memorie sensoriali, tutta l’informazione immagazzinata, si rende
subito disponibile e può essere ulteriormente elaborata anche in modo cosciente
¡
processamento concettuale: è invece coscio e pressoché esclusivamente
verbale; è quindi più flessibile, ma più lento; funziona solo in modo
sequenziale e lineare e perciò assorbe molte risorse attentive; la dipendenza
dall’informazione semantica è insieme il punto di forza e il punto di debolezza
del processamento concettuale: da un lato, infatti, essa lo rende più
flessibile, potente, astratto e quindi creativo; dall’altro, però, il
processamento concettuale è largamente insensibile a tutte le trasformazioni
che non siano presentate semanticamente (come gli stimoli sensoriali)
i 2 tipi di processamento interagiscono tra loro "il registro rileva e combina i
significati valutativi generando una risposta emozionale basata su ciò
che ritiene sia lo stato del mondo valutato; quando l’emozione è
sufficientemente intensa, si registra a livello coscio un vissuto soggettivo
i modelli più recenti dell’appraisal ritengono che l’elaborazione
cognitiva debba essere concepita in modo più complesso e differenziato: è
infatti ormai comunemente accettato che nell’emozione non sia implicato un
unico tipo di elaborazione e che questa vada vista come operante a più livelli
tra di loro interagenti " uno dei modelli più noti è
quello descritto da Leventhal e Scherer, che individuano 3 differenti
livelli di elaborazione:
¡
sensomotorio: include le capacità primarie di risposta emozionale
dell’individuo e genera i primi comportamenti emotivi osservabili
¡
schematico: prototipi delle situazioni emozionali
¡
concettuale: permette di situare gli eventi emotivi in una prospettiva
temporale a lungo termine
REGOLAZIONE
DELLE EMOZIONI: IL COPING E L’EMOTION WORK
|
|
il
concetto di coping (fronteggiamento), molto applicato in psicoterapia, indica
le strategie con cui l’individuo affronta la situazione emotiva; se ci
troviamo di fronte ad un problema che provoca in noi una risposta emotiva,
possiamo innanzitutto cercare di affrontarlo utilizzando una strategia
focalizzata su di esso: lo affrontiamo direttamente, facendo ricorso alle
risorse di cui disponiamo; se questo non è possibile, possiamo adottare una strategia
focalizzata sull’emozione, rivolta cioè a controllare gli effetti negativi
di una reazione emotiva troppo intensa:
¡
accettare il confronto
¡
prendere le distanze
¡
autocontrollarsi
¡
cercare il sostegno sociale
¡
accettare la responsabilità
¡
fuggire ed evitare
¡
pianificare la soluzione
¡
rivalutarsi positivamente
collegato
alle regole di esibizione, troviamo l’emotion work: tutte quelle
strategie con le quali gli individui si sforzano di assumere l’atteggiamento
emotivo più appropriato alle diverse situazioni sociali, oppure alle
aspettative connesse al ruolo esercitato; si tratta di un vero e proprio
lavoro, svolto su se stessi e sul proprio comportamento, che può essere
notevolmente affinato dall’esperienza, ma anche da uno specifico addestramento;
si applica non solo al dominio dell’espressione, ma anche all’esperienza
interna dell’individuo, motivo per il quale vengono usate anche altre
denominazioni, come regole dei sentimenti oppure dominio esercitato sui
sentimenti; anche se ci sembra di essere poco sinceri, la buona educazione e la
sensibilità, ma anche talvolta l’ipocrisia, ci spingono spesso a modificare
volontariamente le nostre espressioni emotive
XV. Emozione e memoria.
benché
sia evidente che vi è uno stretto rapporto tra emozioni e memoria, non è
facile definire un rapporto generale tra di loro, che possa rendere conto di
tutti i fenomeni studiati:
¡
un primo tipo di relazione si basa sull’intervento
dell’attenzione: noi prestiamo più attenzione agli stimoli salienti
emotivamente e ciò dà luogo conseguentemente ad un miglior ricordo D un elevato arousal provoca un
restringimento dell’attenzione e una minore sensibilità agli altri stimoli
presenti nell’ambiente; i meccanismi invocati nell’elaborazione emozionale sono
piuttosto di tipo pre-attentivo; a questo processo pre-attentivo può far
seguito una maggiore focalizzazione attentiva
¡
Bower ha indicato negli effetti
di stato-dipendenza (accoppiamento dell’emozione al momento
dell’apprendimento e a quello del recupero) e di congruenza (corrispondenza
tra la valenza affettiva dello stimolo al momento in cui ha agito e lo stato
affettivo al momento del recupero) una seconda via fondamentale attraverso cui
l’emozione può influenzare il ricordo ! le conferme empiriche
all’effetto di stato-dipendenza appaiono oggi complessivamente piuttosto
modeste; l’effetto di congruenza appare invece meglio documentato, almeno per
quanto riguarda i ricordi autobiografici; anche se è molto difficile isolare
l’effetto di congruenza da quello di stato-dipendenza ! oggi, da parte di alcuni studiosi,
si comincia comunque a proporre modi alternativi di spiegazione degli effetti
di congruenza, che prescindono dal primato della valenza affettiva; una
caratteristica importante dei ricordi emotivi appare essere la cosiddetta
persistenza (i ricordi emotivi si dimenticano più lentamente); i dati
sperimentali non confermano dunque l’ipotesi della rimozione, o almeno
ne limitano la portata generale D ciò nonostante, nella
pratica clinica si riscontrano spesso casi di vera e propria amnesia psicogena,
cioè casi di deterioramento anche molto grave della memoria in soggetti che abbiano
avuto esperienze emotive molto intense o estreme (è possibile ricordare
l’emozione senza ricordare le caratteristiche dell’evento emotivo)
il
tema della testimonianza ha suscitato un grande interesse in psicologia ed è uno
degli argomenti centrali della psicologia giuridica; l’esperienza
testimoniale comporta la capacità di rievocare e riferire il ricordo di un
evento spesso altamente emozionale o, al limite, traumatico; le condizioni di
esposizione all’evento e le caratteristiche disposizionali, stabili o
temporanee, del testimone, possono falsare la percezione di quanto accade;
inoltre, la memoria di un evento di rilevanza emotiva è ben lontana
dall’essere un attendibile ritratto dell’accaduto; il dibattito sulla
relazione tra emozione e memoria è complesso:
¡
alcuni studiosi hanno sostenuto che l’emozione danneggia
inequivocabilmente la memoria, provocando amnesie retrograde da cui non è più
possibile recuperare il materiale originario
¡
altri studiosi ritengono invece che sia possibile
recuperare ricordi di eventi traumatici anche a distanza di molti anni da
quando questi sono accaduti
le
reiterazioni post-evento di materiale emozionale possono incidere
notevolmente sul ricordo; il testimone può tendere a semplificare il ricordo
e a renderlo coerente con gli schemi abituali di esperienza; gli interrogatori
possono produrre un notevole effetto di suggestione;
XVI.
La condivisione sociale del ricordo emotivo.
la
persistenza dei ricordi emotivamente più intensi o traumatici si traduce spesso
in un’insopprimibile necessità di parlare dell’evento che è alla loro
origine; gli psicologi clinici considerano tale ruminazione, almeno in
una certa misura, un sintomo della sofferenza emotiva, ma la pongono in
qualche modo in relazione al processo di recupero emotivo, in quanto il confronto,
pure se forzato, con l’evento emotivo o traumatico, ne consente la progressiva
elaborazione ed assimilazione; finché il vissuto emotivo non si attenua, o
non viene in qualche modo elaborato, il ricordo continua a riproporsi in modo intrusivo
e insopprimibile; è necessario un intenso lavoro di elaborazione cognitiva,
volto a ristabilire l’equilibrio compromesso; le emozioni comportano
frequentemente una perturbazione dell’equilibrio anche nelle relazioni
interpersonali; comunicare ad un’altra persona la propria emozione produce,
oltre che molteplici effetti sociali (sostegno, intimità interpersonale, ..)
anche importanti effetti cognitivi, concorrendo a strutturare la propria
conoscenza emozionale, tanto che alcuni autori hanno addirittura coniato il
termine di script emozionali; le emozioni implicano necessariamente anche una
dimensione interpersonale e sociale
flashbulb
memory
(ricordo fotografico): ricordo vivido, dettagliato e persistente delle
circostanze di apprendimento di un evento pubblico significativo; gli individui
conservano dettagliatamente e a lungo non solo il ricordo dell’evento in sé, ma
anche le circostanze in cui hanno appreso la notizia
¡
in origine, si ipotizzava che il contesto di apprendimento
di un evento pubblico rilevante fosse ricordato in modo inusualmente vivido per
effetto della sorpresa e dell’impatto emozionale; la consequenzialità,
intesa come possibilità dell’evento di produrre conseguenze significative sulla
vita dell’individuo o gruppo sociale cui appartiene, era considerata l’altra
determinante essenziale; in seguito, le reiterazioni dell’accaduto,
ossia le discussioni con altre persone e la ruminazione mentale,
interverrebbero a consolidare la traccia mnestica
¡
accanto a questa lettura del fenomeno, altri autori
enfatizzano il ruolo dei fattori ricostruttivi
ð a ricomporre questo
dibattito, alcuni studiosi hanno posto l’emozione come cardine del
processo di formazione della flashbulb memory; tanto le valutazioni cognitive
che precedono e provocano l’emozione, quanto gli effetti di condivisione
sociale e ruminazione mentale dell’emozione agirebbero come determinanti (l’inaspettatezza
non è più considerata un requisito irrinunciabile)
la
flashbulb memory è stata recentemente applicata anche a eventi privati e a
eventi pubblici non traumatici o positivi e alla ricerca sulla memoria
collettiva
gli
script emotivi sono astrazioni di episodi emotivi reali, possono variare
in modo notevole secondo la situazione, sono strettamente legati alla cultura e
possono essere concepiti come delle rappresentazioni stereotipate, socialmente
condivise, di episodi emozionali
1. fine 800: psicologia
scientifica (Fechner, Weber, Wundt, Ebbinghaus, scuola di Würzburg)
2. prima metà del 900
Stati Uniti
¡
strutturalismo: inaugurato da Wundt in Germania e proseguito negli U.S.A. dal suo
allievo Titchener; riconosciuto come il primo modello di psicologia sperimentale (laboratorio);
metodo introspettivo
¡
funzionalismo: inaugurato da James
e Dewey;
interpreta i fenomeni psichici non come elementi disgiunti fra loro, ma come
funzioni mediante le quali l'organismo si adatta all'ambiente sociale e fisico;
evoluzionismo di Darwin
¡
comportamentismo: il comportamento
esplicito è l'unica unità di analisi scientificamente studiabile della
psicologia (Watson)
scuola
sovietica
¡
riflessologia:
condizionamento (Pavlov)
Europa
¡
psicologia
della Gestalt: detta anche psicologia
della forma; rifiuta di suddividere l'esperienza
umana nelle sue componenti elementari e tende a considerare l'interezza più che
le singole componenti; quello che noi sentiamo è il risultato di una precisa
organizzazione; i medesimi principi di organizzazione guidano anche i nostri
processi di pensiero
¡
Freud e la
psicoanalisi
3. anni 40-70:
dalla psiche alla mente
¡
neocomportamentismo: si differenzia dal comportamentismo
watsoniano per accogliere idee cognitiviste o anche psicoanalitiche ! fine dell'utopia comportamentista
¡
cognitivismo: ha come obiettivo lo studio dei processi
mediante i quali le informazioni vengono acquisite dal sistema cognitivo, trasformate, elaborate,
archiviate e recuperate; la percezione, l'apprendimento, il problem solving, la
memoria, l'attenzione, il linguaggio e le emozioni sono i processi mentali
studiati; studia il funzionamento della mente come elemento
intermedio tra il comportamento e l'attività cerebrale
prettamente neurofisiologica; il funzionamento della mente
è assimilato a quello di un software che elabora informazioni (input) provenienti dall'esterno,
restituendo a sua volta informazioni (output); nasce verso la fine degli anni 50
in contrapposizione al comportamentismo
¡
cognitivismo HIP: Human Information Processing
¡
scienza cognitiva: fine anni 70; orientamento a
carattere interdisciplinare; studio della mente
¡
costruttivismo: approccio alternativo al comportamentismo;
considera le costruzioni mentali con cui essa si adegua alle esperienze
percepite
Tratto da http://www.inftube.com/filosofia/psicologia/MOTIVAZIONE-ED-EMOZIONE72698.php" target="_blank" title="MOTIVAZIONE ED EMOZIONE - http://www.inftube.com">MOTIVAZIONE ED EMOZIONE</a>
GROUNDING INSTITUTE
Dott. Maurizio D'Agostino
VIA ASIAGO, 35 CATANIA
WWW.BIOENERGETIC.IT
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